mercoledì 30 aprile 2008

Pane...la mia prima volta

Nel post precedente accennavo a una sorpresa. Anzi a una SorpresaSorpresa. In realtà il mio esperimento non ha nulla di così fenomenale. Molti di voi si sono già cimentati nell'impresa con ottimi risultati, proponendo variazioni, girando addirittura filmati. Quindi forse il termine sorpresa non era il più adatto. Però è stato una sorpresa per me. Gli ingredienti con cui ho eseguito la ricetta infatti non erano proprio proprio di primissima qualità e soprattutto era la mia prima volta. Nonostante questo cibo sia stato fondamentale per la mia sopravvivenza infantile (nel senso che mangiavo solo quello, latte e plasmon) non avevo mai avuto il coraggio di provare a prepararlo in casa. Poi questo sabato, vuoi il tempo, vuoi un bellissimo libriccino allegato a Sale&Pepe ho deciso che era arrivata l'ora di tentare il colpaccio e PANIFICARE. Ok ora non mettetevi a ridere.


La ricetta che ho scelto è quella base anche se gli ho apportato qualche piccola modifica. Il risultato sono state due pagnotte abbastanza morbide all'interno e con una bella crosticcina, simile a un toscano. La mollica è venuta un po' troppo soda, mi piacerebbe ci fossero più buchetti in modo che il pane risulti meno pesante e 'lievitoso'. Comunque sono stata piuttosto soddisfatta, il sapore e la consistenza erano buoni. E poi mi sono divertita come una matta. Stavo lì in adorazione a guardare l'impasto gonfiarsi e poi diventare bello croccante...sono da ricovero, lo so!
E ora bando alle ciance; questa qui sotto è la ricetta che ho seguito e scusate se la mia SorpresaSorpresa si è rivelata qualcosa di semplicesemplice :)

PANE SEMPLICE



Ingredienti: 750g di farina 00 / 50g di farina integrale/ 2 cucchiai di sale/ 425 ml di acqua minerale naturale tiepida/1 bustina (7g) di lievito in polvere

Unite le farine, il sale e il lievito in una ciotola formando la classica fontana. Versateci l'acqua tiepida e iniziate a lavorare l'impasto fino a quando non comincerà a staccarsi dalle pareti. Deve assumere una consistenza abbastanza soda. Trasferite l'impasto su un piano leggermente infarinato e lavoratelo bene per circa dieci minuti.

cheat: se avete a disposizione una weazel muscolosa schivizzatela e fatele maltrattare la pasta per benino. In questo modo il glutine contenuto nella farina si allunga e rende l'impasto più leggero.

Rimettete l'impasto nella ciotola, che avrete pulito e asciugato bene. Copritela con al pellicola e lasciate lievitare finché l'impasto non ha raddoppiato il suo volume (circa 1 e 1/2). Non prolungate troppo i tempi di lievitazione se non l'impasto tende a indurirsi. Sgonfiate, lavorate per qualche minuto e rimettete a lievitare nuovamente. Quando l'impasto avrà raddoppiato il proprio volume, sgonfiate, dividetelo in due palle e dategli la forma che più vi piace. Non lavoratele troppo se no l'aria contenuta nell'impasto esce e il pane si indurisce. Incidete la superficie delle pagnotte con la punta di un coltello affilato e adagiatele su una teglia precedentemente unta con un po' d'olio. Infornate in forno preriscaldato a 220° per 35 min. Per capire se il pane è cotto giratelo e battete con le nocche sul fondo: deve suonare vuota. Se così non fosse cuocete per altri cinque min.

martedì 29 aprile 2008

Cake per caso

Questo week end lungo mi ha permesso di godermi la cucina con un po' più di calma e sperimentare qualcosa di nuovo che posterò poi nei prossimi giorni (SorpresaSorpresa). Così pensando a cosa preparare di dolce per la colazione della weazel ho scovato fra i miei ritagli la ricetta delle ciambelle. La weazel infatti ha geni americani che le hanno trasmesso una viscerale passione per tutto cio' che ricorda un donuts. Così scheda plastificata alla mano comincio a pesare i vari ingredienti e a mescolarli fra loro. Il risultato sarebbe dovuto essere un composto piuttosto sodo da lavorare sulla spianatoia per formare poi la classica forma a ciambella. Peccato che giunta al fatidico punto in cui avrei dovuto trasferire l'impasto dalla ciotola alla spianatoia il suddetto impasto aveva la consistenza di una crema. Oddio che fare?!! I primi minuti sono stati di sconforto. Ora lo butto-pensavo- tanto ho gia' fatto la SorpresasSorpresa, che mi ha molto soddisfatta. Però caspita il sapore è buono! Non posso aggiungere altra farina se no mi diventa un sasso più che una ciambella...e neanche burro o zucchero se no la weazel mi schiatta!!! Allora è partito l'esperimento, ho aggiunto giusto un po' di farina giusto per raddensare un altro pochino e il risultato è questo:

CAKE CON CUORE MORBIDO DI PESCHE


Ingredienti: circa 350g di farina/ 150g di zucchero/ 3 uova/50g di burro/un pizzico di sale fino/ una bustina di lievito per dolci/ la scorza di un limone bio/ 1 cucchiaino di zenzero in polvere/ 4 mezze pesche sciroppate/ una ricetta per le ciambelle con le dosi sbagliate

Sgusciate le uova e sbattetele con lo zucchero fino a ottenere una cella cremina spumosa. Aggiungete il burro a temperatura ambiente, il sale, la farina setacciata, il lievito, 100ml di acqua tiepida, la scorza del limone e lo zenzero. Amalgamate tutto al mixer fino ad ottenere un bell'impasto setoso e senza grumi (non deve venire troppo liquido, ma rimanere abbastanza corposo così le pesche non affondano). Rivestite con carta da forno bagnata e strizzata uno stampo da plum cake. Versateci metà dell'impasto e adagiatevi sopra le pesche sciroppate precedentemente affettate. Ricoprite con il restante impasto. Spolverizzate la superfice del cake di zucchero di canna e infornate a 180° per circa mezz'ora




NB Questo dolce lo dedico a Mari che un è diventata una splendida presenza nelle mie giornate e che ha contribuito a far sì che questo blog si realizzasse. Buon Compleanno :)

domenica 27 aprile 2008

Piadinificazione

Bologna è strategicamente vicino al mare. E come per tutti i bolognesi, quando arriva la bella stagione, il sabato passato sulla riviera Romagnola è d'obbligo. Sin da piccola ho trascorso gran parte delle mie estati a Rimini o ai Lidi ferraresi, assieme ai miei nonni, mentre papà e mamma ci raggiungevano per il week end. Di queste vacanze e di quelle che sono seguite quando già ero più grandina conservo bellissimi ricordi. Anche se l'acqua del mare somiglia a quella di uno stagno e al spiaggia è larga quanto un asse da stiro, il calore della gente, i tramonti sulla spiaggia, il gelato, i bomboloni appena sfornati la mattina, le sale giochi, le migliaia di libri letti sotto all'ombrellone hanno un posto speciale nel mio cuore. Quelli... e la piadina. Così qualche giorno fa in piena crisi da tempo schifoso e primavera straritardataria ho deciso che avevamo bisogno di una ventata di romagnolità, per spazzare via il grigiore di queste giornate!


PIADINA SEMPLICE SEMPLICE (su ricetta di Adrenalina, graziegraziegrazie!!!!)




Ingredienti per 4 piadine:250g di farina (io ho usato la 00)/120g di acqua tiepida/ 3 cucchiai di olio evo/ un cucchiaino di sale


In una ciotola mescolate la farina con il sale. Aggiungete un po' alla volta l'acqua tiepida e l'olio. Impastate velocemente fino ad ottenere un un composto liscio e omogeneo. Dividetelo parti uguali e stendetelo con il mattarello in dischi sottili con un diametro di circa 20 cm (a me personalmente piace abbastanza altina ma voi potete stenderla anche più sottile aumentandone il diametro). Mettete i dischi di pasta in una padella antiaderente calda e fatele cuocere per circa 2 minuti per lato, bucherellando le bolle d'aria che si formano durante la cottura. Farcite con quello che più vi piace o usatele in sostituzione del pane.

sabato 26 aprile 2008

Dalla Liguria con amore

Fra le varie cose che amo cucinare le torte sia salate che dolci occupano sicuramente un posto importante. Costituiscono una sorta di comfort food. Le devi curare, lavorare con amore, trasformarti quasi in un piccolo chimico destreggiandoti fra grammature e millilitri, ma poi vieni ripagato dal loro profumo inebriante che si espande per la casa mentre cuociono in forno, dalla crosticcina che magari si forma in superficie o dalla morbidezza setosa del loro ripieno.
Patria delle torte salate è sicuramente la Liguria, che vanta un'infinità di varianti sul tema. Si passa dalla maggiormente nota torta Pasqualina, alla torta della Madonna tipica di Monte Rosso preparata tradizionalmente per il 14 agosto in onore della Madonna di Soviore.
Ispirandomi dunque alle innumerevoli ricette esistenti, questa settimana ho variato la classica mappatella della weazel e al posto del solito tortino gli ho rifilato una versione rimaneggiata della torta di riso salata tipica di Rio Maggiore.
Il risultato è stato un successo! Una specie di calzone croccante con al''interno un ripieno corposo e profumato. Da provare!

TORTA DI RISO SALATA




Ingredienti per la pasta: 200g di farina/3 cucchiai di olio evo/ 1 cucchiaio raso di sale/ acqua tiepida q.b./ una spolverata abbondante di origano
Ingredienti per il ripieno: 150g riso (io ho usato il carnaroli)/ 3 uova/ 3 zucchini medio-grandi/ 1 cucchiaio abbondante di pesto (io ho usato quello confezionato :P)/ abbondante parmigiano reggiano/ sale e pepe

Per la pasta mettete tutti gli ingredienti nel mixer e fate andare fino a che il composto non si stacca dalle pareti e forma una palla. Finite di impastare a mano e mettete l'impasto a riposare in frigorifero per una mezz'oretta.

Intanto preparate il ripieno facendo innanzi tutto bollire il riso in acqua salata per una decina di minuti (deve rimanere molto al dente perchè finirà di cuocersi al forno). Poi in una padella saltate gli zucchini tagliati a rondelle con l'olio, a fine cottura salate e pepate. Lasciate raffreddare sia il riso che gli zucchini e poi in una ciotola mescolate il riso, gli zucchini, le uova, il parmigiano, il pesto, il sale e il pepe.

Ungete con l'olio una tortiera di circa 26 cm di diametro, stendeteci la pasta tirata in una sfoglia sottile in modo che i bordi escano dallo stampo e si possano richiudere sul ripieno. Versate ora il ripieno all'interno della pasta, livellate e chiudete con in bordi della pasta come se fosse un raviolone. Spennellate la superficie con un po' di olio e infornate a 180° in forno preriscaldato per 35/40 minuti.

venerdì 25 aprile 2008

La maledizione del V-club

Avete mai visto la cattura di uno struzzo con le bolas? O la presa al lazo di un vitello? Ecco se queste due domande vi evocano immagini di rovinose cadute potete avere un'idea di cosa significhi salire su un tapis roulant senza accorgersi che questo è già in funzione.

Saltare giù dal tappetino con fare da sborone, senza spegnerlo, lasciando che l'infido rullo diventi una trappola per l'incauto coglione che lo userà dopo di te sembra essere diventato l'ultima moda della palestra in cui mi alleno. Anzi del V-CLUB in cui mi alleno.
Nell'ultima settimana, in seguito a tale uso, ho visto due persone rischiare la morte a pochi centimetri da me; rialzarsi vergognosi dopo l'imperiale figura di merda, contusi ma ancora vivi, l'aria colpevole di chi è stato sorpreso a fare qualcosa di sconveniente in pubblico.
Eh no dico!! Non sei tu, povero cristo che volevi solo farti mezz'ora di camminatina e sei quasi morto a doverti vergognare. E' quel coglione muscolato che è saltato giù dal tappeto ancora in movimento che dovrebbe essere impalato su di un cactus.

Sapendo di poter essere la prossima vittima del tapis assassino, ieri sera quando ho visto il signore accanto a me finire l'allenamento e andarsene bello beato senza spegnere la macchina ho deciso che era ora di intervenire. Vai Wonder Woman stai solo correndo a 12.00 km/h, puoi anche fare la morale a sto coglione. In tutta risposta però il suddetto coglione (tra l'altro a sessant'anni tagliati coda e baffi che il nonno di D'Artagnan è morto da un pezzo) mi ha sorriso e come se niente fosse se n'è andato, ignorandomi. AHHH come osi brutta copia del nonno di D'Artagnan; vieni qui che ti strappo il codino e lo uso come piumino per la polvere.
Meditando seriamente di mollare l'allenamento e mettermi a correre dietro al simpatico coglione, mi guardo in giro cercando aiuto morale nei V-trainer, che appollaiati come due gufi rossi sul V-cubo, hanno assistito a tutta la scena. Purtroppo le loro V-menti non sono programmate per tale funzione e così continuano placidamente a fissare il culo delle step-girls.

AHHH ma io vi V-maledico: che una rara malattia tropicale vi colpisca e vi costringa a vivere sul cesso per i prossimi sei mesi...che un fulmine vi colpisca marchiandovi la parola V-idiota sulla fronte...

E a te maleducato signore, a te che meriteresti di cadere dal marciapiede e finire con la faccia su una cacca di pastore tedesco, sappi che prima o poi la V-maledizione ti colpirà e forse finirai schiacciato nella leg-press mentre i V-idioti importunano tua moglie!!!

martedì 22 aprile 2008

Sto bene con... tè

1706, Thomas Twining inizia a offrire il tè nel suo primo negozio sullo Strand, una delle più eleganti vie di Londra. Questa è la data ufficiale che segna la comparsa di questa straordinaria bevanda in Inghilterra. Da allora sono trascorsi più di trecento anni e la Twinings è diventata una delle più famose marche di tè nel mondo, offrendo una gamma di miscele e varietà molto ampia e di buona qualità. Credo che chiunque abbia prima o poi sorseggiato una tazza di tè Twinings, magari accompagnandola con qualche dolcetto o biscottino.
Proprio dalla riflessione su questa accoppiata classica - tè e biscotti - è nata la ricetta di questi frollini. Il risultato sono dei dischetti friabili, gradevolmente profumati, ai quali lo zucchero di copertura conferisce una piacevole croccantezza

FROLLINI ALL'EARL GREY




Ingredienti per circa 20 frollini: 215g di farina/ 100g di zucchero a velo/150g di burro/ 4 bustine di Earl Grey/ 3 tuorli /zucchero di canna.

Prima di tutto bisogna aromatizzare il burro- Perciò in un pentolino sciogliete il burro a fiamma dolcissima (non deve mai sfrigolare) e quando è tutto bello liquido mettete le quattro bustine di tè in infusione per 15-20 min. Trascorso questo tempo togliete le bustine dal burro, travasatelo in un tapperware e riponete tutto in frigorifero fino a che non si è solidificato completamente (io l'ho lasciato tutta notte). Dopodiché versate lo zucchero a velo setacciato nel mixer assieme al burro aromatizzato e fate andare fino a che non avete ottenuto una crema liscia. Aggiungete poi poco a poco la farina e, quando questa sarà completamente incorporata, i tuorli. Finite di lavorare la pasta a mano, formate la palla, ricopritela con la pellicola e mettetela a riposare in frigorifero per almeno 30 minuti. Dopo questo tempo, stendere l’impasto col mattarello tenendo la pasta tra due fogli di carta forno (io l’ho stesa a circa 0,5cm), ritagliate i biscotti con un coppa pasta (o una tazza) di circa 4-5 cm di diametro. Passate una delle due parte dei biscotti nello zucchero di canna e infornate sulla leccarda rivestita di carta forno. Fate cuocere a 180° in forno preriscaldato per circa 10-15 minuti (si devono appena colorare i bordi).


PS la weazel e i suoi colleghi hanno apprezzato

lunedì 21 aprile 2008

La maledizione del Blog

Stamattina girettando su internet incappo in questo titolo e incuriosita mi metto a leggere l'articolo che segue. Smanetto un po' fra i link di rimando e apprendo che da una ricerca condotta dal New York times risulta che i blogger conducano uno stile di vita, ma soprattutto uno stile lavorativo, poco sano. Troppe ore trascorse davanti al computer, ingerendo quantitativi di caffè industriali, nessun tipo di svago se non quello di ricercare e produrre materiale da inserire nel proprio blog.
Oddio già mi vedo Sigrid abbruttita davanti al computer sgranocchiare croste di Beauvoorde, il suo cucciolo ormai scheletrico in un angolo...Mari con la casa invasa da opossum mentre digita febbricitante sulla tastiera...Viviana mandare a monte il proprio matrimonio pur di trovare la ricetta perfetta della wedding cakes...Daniela chiudere i suoi corsi di cucina e alimentarsi solo a sangria.
Immagini terribili di blogger compulsivamente legati ai loro pc, eremiti chiusi in stanze invase dai resti dei loro esperimenti culinari! E poi come un presagio mi vedo ormai curva, le dita rattrappite e consumate dal troppo digitare, risucchiata in questo vizio malsano che subdolamente mi ha catturato. Illusa che fosse solo uno svago, un modo carino per tenere una finestrella aperta sul mondo e da quale il mondo potesse entrare. Ecco, con i vostri bei blog mi avete ingannato, i vostri racconti di meravigliosi rendez vous e gustose ricette mi hanno irretito. Sarò condannata perciò a scivolare sempre più verso una perdizione fatta di foto da uploadare, toolsbar da inserire, post da creare...
Oddio mi sento già più insana!

domenica 20 aprile 2008

Slow Running

Bologna a volte regala giornate fantastiche. Ti svegli alla mattina e ti accorgi che esistono i colori. Che i tetti sono rossi. Che le orrende gru della stazione sono un po' meno orrende in contrasto con quel cielo così blu. Che finalmente gli alberi non sono più spogli e grigi. Ci sono fiori lilla, viola, bianchi e che le foglie sono di un verde così brillanti che sembrano fatte di vetro.
Ti infili le scarpette, la tutina preservativo sentendoti un po' meno idiota del solito, e giù per via Carracci, di corsa. E nonostante la polvere e l'aria al piombo, la luce è così bella che ti senti esploratore nella città in cui vivi da 26 anni. Le prospettive cambiano. I luoghi acquistano un anima.
Il sole si riflette sui palazzi, sui coppi amaranto e mi ricordo finalmente, dopo mesi di acromatismo che Bologna è detta la rossa...poi scanso all'ultimo una 'sdora e mi ricordo perché è detta la grassa :)
Vicino alla Certosa hanno costruito una ciclabile che arriva fino a Parco Talon. Costeggiando il muro esterno dello storico cimitero si vede il marmo bianco dei mausolei più antichi fare capolino...piccole guglie, i riccioli sempre in piega delle statue, alcune croci...una papera!!! Un bel germano ha infatti deciso di riposarsi proprio lì e complice il poco ossigeno al cervello mi ha fatto pensare per un attimo a una decorazione di poco gusto!
Ok proseguiamo, che è meglio... Le gambe rispondono bene al primo lungo serio della stagione e così quando arriviamo al parco non sono troppo morta e riesco a godermi il panorama. Sulla sinistra la vista è mozzafiato. La giornata è così tersa che si riescono a vedere tutti i colli attorno a Bologna. Un bel patchwork di colori che spaziano per tutta la gamma del verde e del giallo. Le chiesette sui cucuzzoli come tante ciliegine decorative, semplici e familiari.
Il rientro è più duro. La testa rimane bassa, il fiato è corto. Ma penso alle belle immagini che oggi la mia città mi ha regalato e al fatto che magari domani avrò un colorito un po' meno grigio. Stringo i denti, un passo dietro l'altro. L'ipod suona Hail to the geek e vedo già il cupolone del Sacro Cuore. Casa è vicina, la giornata è appena iniziata, e finalmente anche qui sembra primavera.



venerdì 18 aprile 2008

Divagazioni Cul...inarie

Venerdì lento e noioso, che non passa mai. Per allietarmi e allietarvi :D ho deciso di postare una ricetta facile facile ma mooolto gustosa. Ma prima una premessa, così mi passa un po' più tempo...

Il plum cake è l'evoluzione di un'antica ricetta inglese: il plum pudding, una sorta di pappa ottenuta bollendo carni di manzo e montone con uva passa, ribes, prugne, vino e spezie, a cui venivano poi aggiunti ingredienti addensanti quali uova, pangrattato, frutta secca e aromatizzanti come la birra chiara e i liquori. Dopo aver scovato in rete queste emozionanti notizie (a proposito qualcuno di voi sa qualche curiosità in più) ho deciso di rifilare alla weazel un bel plum cake salato. La ricetta l'ho liberamente scopiazzata dal sito di Fabien. E ora bando alle ciance...


PLUM CAKE VERDE-ARANCIO





Ingredienti: 3uova/150g di farina/125ml di latte/ 2 zucchine medie (io ho usato quelle scure)/ 1 carota grande/150 di scamorza affumicata tagliata a dadini/ 1 mozzarella di bufala/ 1 bustina di cremor tartaro/ 4 cucchiai di olio evo/ 4 cucchiai colmi di parmigiano/ sale, pepe, noce moscata



Affettate a rondelle le zucchine e tagliate le carote a julienne (io ho schiavizzato la weazel, se voi non possedete questo animale servizievole vi consiglio di usare la mandolina), quindi fate dorare le verdure in una padella per circa 15 minuti. Togliete dal fuoco e lasciate raffreddare su della carta assorbente. Preriscaldate il forno a 180°C. Intanto in una ciotola sbattete le uova con una presa di sale, una macinata di pepe e la noce moscata. Unite il parmigiano, la mozzarella e la scamorza a dadini e mescolate. Intiepidite il latte sul fuoco e intanto setacciate la farina e il cremor tartaro insieme. Unite la farina, il latte, l'olio e le verdure alle uova. Mescolate bene tutti gli ingredienti affinché si distribuiscano in modo omogeneo nell’impasto. Versate il tutto nello stampo da plum cake rivestito di carta da forno e infornate per circa 40-45 minuti. Prima di sformarlo lasciatelo intiepidire in modo che non si rompa.

Questo era il mio primo plum cake salato. Che dire? Il sapore è ottimo, ma forse la consistenza è un po' "tamugna"...lo vorrei più arioso...così la weazel non mi si inchiatta. Aspetto suggerimenti...Besos

mercoledì 16 aprile 2008

Crostata con crema di cioccolato e nocciole

Oggi DOLCE!!!!
E' necessario, bisogna risollevarsi il morale in qualche modo e trovare le forze per trascinarsi fino al week end.
Questa crostata nasce dal mix di varie ricette; per la frolla ho usato quella di cavoletto mentre la crema interna è pura golosità con base una semplice ganashe al cioccolato.



Ingredienti per la frolla: 250g di farina, 125g di burro/2 tuorli/ mezzo cucchiaino di sale/ 2 cucchiai di acqua fredda.

Ingredienti per la crema cioccolato-nocciole: 300g di cioccolato fondente/ 370ml di panna/150g di nocciole tritate/ 3 cucchiai di miele millefiori/ 1 cucchiaio di fecola

Sbattete i due tuorli con l'acqua poi mischiate tutti gli ingredienti usando un mixer da cucina. Quando si formano delle grosse briciole friabili trasferite l'impasto sul piano da lavoro e lavorandolo velocemente formate una palla. Riponete in frigo per almeno mezz'ora

cheat: io solitamente ho sempre le mani ghiacciate tranne nel momento in cui devo impastare la frolla; se la sfiga si accanisce anche con voi, tenete vicino a voi una ciotola con acqua fredda. Quando le mani cominciano a raggiungere il punto di fusione tuffatecele dentro.

Per la crema fate sciogliere in un pentolino la cioccolata con la panna. Fuori dal fuoco aggiungete il miele, la fecola e le nocciole. Rimescolate in modo che gli ingredienti si distribuiscano in modo uniforme.

Preriscaldate il forno a 180°. Tirate fuori la frolla dal frigo e foderateci uno stampo per crostate precedentemente ben imburrato. Cuocete la frolla in bianco (quindi con una buona dose di fagioli sul fondo in modo che non gonfi) per circa 15 min o fino a che la pasta non assume un bel colore dorato. Sfornate, lasciate raffreddare, versateci dentro la cremina e riponete in frigo per almeno due ore.

martedì 15 aprile 2008

Persepolis

Marjane è sdraiata sul letto e guarda il soffitto. Accanto a lei, sulla coperta, due piccoli cigni di mollica di pane.
Marjane è appena tornata dal carcere dove è rinchiuso suo zio. E’ stato lui a chiedere di vederla, per l’ultima volta, come ultima persona. Lo zio di Marjane verrà presto giustiziato dopo una vita passata come prigioniero, prima sotto il governo dello scià, poi sotto quello islamico. L’accusa è la medesima: oppositore politico, ma ora si paga con la vita. Un uomo con un ideale, ma soprattutto una speranza: per il proprio paese, per la propria famiglia, per la propria gente.
Ma se un uomo del genere viene ucciso, muoiono anche le sue speranze? Se Dio permette la morte di un uomo del genere vale la pena credere in Dio? E la colpa è di Dio o degli uomini?
Domande, dubbi e un grande vuoto: questo è quello che rimane a Marjane. E un paese in cambiamento.
Marjane amava le Adidas e Bruce Lee ora deve portare il velo, giustificare l’uso delle scarpe sportive e comprare le audiocassette heavy metal come fossero droga. All’inizio può esprimere il proprio dissenso alle nuove regole, ma poi ciò diviene pericoloso, molto pericoloso. E non resta che l’esilio, una condizione subdola che ti rende uno straniero ovunque tu vada; anche quando è possibile tornare.


Persepolis è un fumetto e un ora un lungometraggio che bisogna leggere e vedere. È uno strumento per capire un po’ meglio la storia di un paese che oggi è protagonista sulla scena internazionale, ma di cui si conosce poco. È un modo per rendersi conto quanto la libertà individuale vada protetta e difesa, da qualsiasi attacco. Persepolis fa riflettere ed emozionare.
Bello.
Importante.
Soprattutto in questo momento.

Domande esistenziali di un'insonne


Ok...da oggi mi dichiaro formalmente apolide

ah...ho anche una domanda. Ma come caspita si fa a dire a un bambino "Sai c'hai messo un giorno e mezzo a uscire"...poi per forza uno diventa stronzo...si immedesima. Stanislavskij ieri ha colpito alla grande



Nb siamo ancora in un paese democratico con libertà di espressione

sabato 12 aprile 2008

Istanbul città con due anime - parte seconda

Istanbul ha due anime. Una racchiusa a Sultanahmet, più tradizionale ma allo stesso tempo turistica. Qui sono conservate le vestigia dell’impero bizantino e dei vari sultanati, qui è evidente l’orgoglio musulmano ed è forte il richiamo del muezzin. Qui c’è la memoria e la storia e di conseguenza l’invasione degli stranieri. Ma dall’altra parte del Corno d’Oro si può vivere un’altra Istanbul. Il quartiere Galata è un altro universo. Il clima cambia già sul ponte. Giovani, vecchi, famiglie intere pescano dal parapetto e molti cucinano ciò che catturano direttamente sul posto. Un buon odore di pesce affumicato e fritto permea così l’aria mentre ci incamminiamo verso quella che fu una cittadella genovese.

Se Yeni Camii domina la sponda di sultanamet, Galata ci accoglie con bei palazzi signorili, molti dei quali trasformati in ristoranti o alberghi.




Le strade strette si inerpicano su per una collina e convergono verso la torre. È sabato è c’è parecchia gente in giro. Si vedono molte più donne passeggiare senza velo e gruppi misti di ragazzi, la maggior parte vestita in pieno stile punk con tanto di creste e orecchini. Arrivati alla torre la weazel e io decidiamo di entrare per raggiungere la balconata in cima. Il panorama è magnifico e anche se una fastidiosa nebbiolina non permette di avere una vista perfettamente chiara ci divertiamo a riconoscere dall’alto i posti visitati nei giorni precedenti.


La passeggiata continua lungo l’arteria principale verso piazza Taksim vero centro nevralgico della nuova Istanbul. Proprio attorno a questa piazza sono nati negli ultimi anni numerosi centri commerciali che ospitano discoteche, club e ristoranti alla moda. Sui due lati del viale ci sono bei palazzi stile liberty, con balconi in ferro battutto e vetrate colorate che mi ricordano tanto Parigi. C’è anche il trolly, proprio come quello a San Francisco. Qui la folla è assoluta protagonista e faccio fatica a credere che sia parte della stessa città in cui ci trovavamo poche ore prima.
Non ci fermiamo molto in questo frenetico quartiere, giusto il tempo di una passaggiata e per qualche acquisto, e così non ho modo di dare risposta alla domanda che mi frulla nella testa: qual è la parte più’autentica di Istanbul? Quella non confezionata per i turisti?


Al rientro soddisfiamo il sogno recondito della weazel di essere una lontra e decidiamo di fare un giro in traghetto sul Bosforo. Tutti infatti ce l’hanno consigliato e i vari procacciatori di turisti sul molo assicurano che Istanbul si visita veramente solo dal mare! 20 lire per un’ora e mezza di escursione; il prezzo è ragionevole e la gita si rivela, per me che non amo questo genere di cose un’esperienza piacevole. Si costeggia prima la riva europea con i suoi bei palazzi storici (il Dolmabahçe con la torre dell’orologio e il Palazzo Beylerbeyi) e poi la costa orientale punteggiata per lo più da lussuose ville private. Mentre la weazel si gode l’aria che le scompiglia il pelo e tratti litiga con l’olandese masticatore di chewingum accanto a lei io mi diverto a osservare il resto della ciurma. I soliti italiani fighetti, le famiglie turche in gita, il bambino Stewe che mangia una ciambella più grande di lui meditando di uccidere la madre rompipalle che lo costringe a mettersi in posa per la milionesima foto…



L’aria si fa più fresca mentre rientriamo al molo e così decidiamo che il miglior modo per riscaldarci e coronare la fine della vacanza è regalarci una pausa coccolosa all’hammam. Ci dirigiamo verso il Cagaloglu Hamami ma a parte il prezzo un po’ alto ma ancora affrontabile l’arrivo di una comitiva di milanesi urlanti ce lo fa scartare. Alla fine optiamo per il Cemberlitas Hamami, vicino al Gran Bazaar. L’ambiente è meno scenografico ma il trattamento è una vera figata. Farsi lavare completamente da un’altra persona, distesa su una enorme pietra di marmo calda mi ricatapulta ai miei due anni e ai bagni a casa della nonna quando facevo il sommergibile sotto chili di schiuma da bagno. La weazel nel reparto maschile viene anche variamente massaggiata da un energumeno che gli fa scrocchiare qualsiasi osso del suo corpiccino, comprese le dita delle zampette. Quando esco nella hall la trovo svaccata su una poltrona, rossa come una lampandina di un porno shop di Amsterdam, ma con un sorriso a 182 denti e l’espressione ebete di chi ha raggiunto la pace dei sensi.
Bene, il mio racconto finisce qui...con la speranza di ritornare in questa città magica e magari con un po' più di tempo per spingermi ancora più a est.

giovedì 10 aprile 2008

Grazie: You make my day

Grazie alla sveglia che è suonata alle 6.00 e che avrei voluto defenestrare.

Grazie al tempo schifoso, alla nebbia, alla pioggerellina che rende i miei capelli una massa informe di nodi.

Grazie alla macchinetta del caffè sporca da ieri e senza acqua nel serbatoio.

Grazie al ciclista che mi ha quasi investito.

Grazie al 21 che mi è passato davanti mentre correvo verso la fermata.

Grazie per i miliardi persone schiacciati sul 25 e soprattutto grazie alla grassa signora che mi alitava il suo fiato alla morte direttamente in faccia.

Grazie alla vecchia che ha gentilmente deciso che potevo vivere anche senza una gamba, travolgendomi mentre scendeva.

Grazie alle faccione da culo di tutti i colori che mi sorridono dai cartelloni elettorali a ogni angolo della strada; un giorno mi dovranno spiegare che cazzo c'è da ridere.

Grazie ai contribuenti che credono che io sia sorda e perciò si sentono in dovere di urlare invece che parlare.

E infine grazie a questo back office da scimmia urlatrice che ogni mattina mi aliena un pochino di più.

E sono solo le 10.

Prevedo sarà una giornata molto lunga.

martedì 8 aprile 2008

Scrat back in action

Finalmente sono tornata!!!!!



Non so se riuscirò a resistere ancora un anno...è crudele!!! Voglio la mia ghianda!!!

Istanbul: Impressioni parte prima

Istanbul mostra il suo carattere non appena si scende dall'aereo. Mentre trasciniamo i bagagli fuori dal terminal una corrente di taxi arancioni, uomini, donne, bambini, turisti ci investe con il suo frastuono. I clacson non smettono mai di suonare e il loro rumore ci accompagnerà per tutta la vacanza. Il primo impatto è molto forte, e mentre sfrecciamo lungo il viale che collega l'aeroporto con Sultanahmet dove abbiamo prenotato l'albergo mi riempo gli occhi con le prime impressioni di questa città, che in tre giorni è riuscita a rubare un pezzettino del mio cuore. Il mare luccica attraverso una nebbiolina che costantemente aleggia sul Bosforo e sul mar di Marmara avvolgendo la città e conferendole un'’aura fiabesca. Vicino al porto scorgo il mio primo mercato: quello del pesce. Schegge veloci di squame iridiscenti e pozze di acqua e sangue. La gente si accalca attorno ai banchi. Uomini che vendono e che comprano, poche donne col velo. Ci addentriamo nelle strade strette di Sulthanameth per raggiungere l’Hotel Aziyade, posizione ottima e un grandioso rapporto qualità-prezzo. Lanciamo le valigie, uno sguardo rapido fuori dalla finestra per controllare cosa si vede (siamo affacciati sul mare, che bello!!!) e poi subito per strada. E’ tardo pomeriggio e molti bambini e ragazzi stanno rientrando da scuola; molti sono in divisa scolastica e quasi nessuna ragazza ha il capo coperto. In pochi minuti raggiungiamo la Moschea Blu, io mi avvolgo la pashmina attorno al testa, ci togliamo le scarpe e entriamo. La suggestione è profonda. La sala è praticamente vuota, solo alcuni uomini pregano in un angolo. Io mi inginocchio e guardo la cupola decorata e il grande lampadario in ferro battuto sopra la mia testa, una sorta di grande sole che incornicia il soffitto.

La visione di tanta bellezza mi riconcilia con l’umanità; c’è qualcosa di ancestrale e allo stesso tempo soprannaturale in questa opera che mi mozza il fiato, che mi commuove e per qualche minuto mi fa credere che se siamo in grado di creare tale splendore forse abbiamo ancora qualche speranza. Quando usciamo si sta facendo buio. Una breve passeggiata per vedere Santa Sofia dall’esterno e poi ci immettiamo sull’arteria principale di Sultanahmet in cerca di un posto dove cenare, anche perché la weazel si è rifiutata di mangiare le fette di culo gentilmente offerte sull’aereo e ora potrebbe tentare di divorare uno dei numerosi gatti che si aggirano per i vicoli.



In realtà trovare da mangiare a Istanbul è la cosa più semplice del mondo. Oltre agli innumerevoli chioschi che vendono cibo da strada (Anthony Bourdain andrebbe letteralmente fuori di testa) – pannocchie arrostite e abbrustolite, pretzel, castagne, baklava, kebab, di ogni tipo, succhi di frutta fatti al momento…- i ristoranti sono numerosissimi, hanno prezzi ragionevoli e solitamente la qualità del cibo è decisamente alta. La cucina turca mi è piaciuta veramente molto: piccante al punto giusto, senza grandi eccessi; ottima la carne e le verdure oltre che le preparazioni a base di pita. Anche la colazione in albergo è stata più che soddisfacente, con una vasta scelta di dolci locali, yogurt, passate di frutta (eccezionale quella di mele con cannella), confetture e miele grezzo corredato ancora di arnia.






La vacanza è stata caratterizzata da un numero imprecisato di chilometri macinati in lungo e in largo per la città. Banditi i mezzi pubblici, eccessivamente affollati, la weazel e io abbiamo camminato veramente tantissimo. Istanbul è una città da vivere e visitare stando in mezzo alla gente. Solo così si riesce a capire quell’unicità che la contraddistingue da secoli. Istanbul non è né oriente né occidente, non è la commistione di entrambi, ma una sorta di terza via, qualcosa d’altro che esce dalle comune distinzioni geografiche fra est e ovest. Questo suo essere così simile a ciò che viviamo e vediamo quotidianamente e allo stesso tempo distante ed esotica la rende estremamente affascinante.



Oltre alle moschee che caratterizzano il suo profilo e dai cui minareti si rincorrono le voci dei muezzin che richiamano i fedeli alla preghiera, meritano una visita i due grandi mercati: il Gran Bazar e il Mercato delle spezie. Il primo è molto turistico, ma non per questo meno divertente. Gli oggetti esposti non sono sicuramente il massimo dell’artigianalità, ma è stato spassoso camminare fra le bancarelle colorate, sotto le belle volte piastrellate, perdersi fra i vari corridoi, vedere le contrattazioni, comprare cianfrusaglie a poco prezzo e bere un buon tè seduti guardando la varia umanità passarci accanto. La weazel, dato che era il mio compleanno, mi ha anche regalato due bellissime sciarpe.



Al mercato delle spezie ho letteralmente perso la testa. A parte il casino allucinante, i colori e gli odori sono bellissimi. Polveri, frutta secca e disidratata di ogni tipo, tè fanno bella mostra sui vari banchi. Fortuna che era il penultimo giorno e le lire cominciavano a scarseggiare se no mi sarei comprata tutto il mercato. Comunque ho portato a casa una discreta scorta di curry, zafferano, peperoncino, nocciole e albicocche disidratate oltre un profumatissimo tè alla mela. La passeggiata fra le bancarelle si è poi conclusa con una sosta nella bella piazza di fronte alla moschea Yeni Camii. Per oggi concludo qui. Qui tante famiglie e coppie facevano una sosta mangiando kebab o pite e sorseggiando l'immancabile bicchierino di tè. L'atmosfera era veramente piacevole con tutte queste persone accanto che guardavano quello che avevano appena acquistato, chiacchierando e ridendo. Intanto nella vicina moschea alcuni uomini facevano le abluzioni prima di andare a pregare. E' affascinante osservare qualcuno compiere in pubblico un gesto così intimo come quello di lavarsi, e notare con quanta cura e dedizione questo rito viene ottemperato ogni giorno.





Per ora vi saluto.

Besos

lunedì 7 aprile 2008

Il meme delle immagini di google.

Ciao a tutti, eccomi di ritorno dalla stupenda Istanbul. In attesa di postarvi foto e racconto del viaggio, girettando sui vari blog mi sono inbattuta in questo meme veramente carino...come dire a volte le casualità...

Ringrazio maestrazen per l'idea carinissima

Ecco le regole: bisogna rispondere ai 15 quesiti qua sotto, non a parole ma con le immagini. Andate su Google; cercate per immagine; digiti la tua risposta (anche complessa non solo una parola). La prima, primissima foto che si apre ci clicchi sopra e la pubblichi sul tuo blog. Mi raccomando non bisogna scegliere ma prendere proprio la prima!!

La tua età al prossimo compleanno: 27 (sigh)

Un posto che vorresti visitare:

Il tuo posto preferito:

Il tuo oggetto preferito:

Il tuo cibo preferito:

Il tuo animale preferito:

Il tuo colore preferito:
Il posto dove sei nata:
Una brutta abitudine:

La tua vacanza ideale:

Il mio nick sul web:

Il mio nome nella vita reale:

Il nome di un animale domestico che ho avuto: ZOE
Il nome di mia nonna materna:

La nonna paterna:

ahhh che emozione il mio primo meme!!! e per l'occasione autopremio la foto più imbarazzante che è uscita: il mio animale preferito (povero nobile lupo).


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