C'è qualcosa di magico nel tragitto che collega Bologna a Marina Romea. Un viaggio di appena tre quarti d'ora (traffico permettendo) che però acquista uno strano fascino mano mano che la macchina, scivolando sul liscio asfalto dell'autostrada, lascia la città. La campagna, piatta, con i suoi colori mutevoli, incorniciata dagli Appennini all'orizzonte, incanta. Sabato i campi erano già di un bel verde smeraldo, il sole li inondava creando un netto contrasto con gli appezzamenti ancora brulli e scuri. Dal finestrino scorrono sonnacchiosi casolari e fattorie e un po' più scostati dalla strada paesini dal nome già squisitamente romagnolo: Bagnacavallo, Russi, Cotignola...
Non ho ancora capito se è questo paesaggio o la prospettiva di una giornata al mare a riempirmi di una insolita sensazione di pace, ma mi piace pensare che l'importante è il viaggio e non la destinazione.
Lasciata l'autostrada ci si trova alla fine delle valli di Comacchio e sul ciglio della strada a pochi metri dalla macchina, oltre l'argine ecco sorgere uno dei miei sogni reconditi: i barconi. Queste casupole di legno, costruzioni ibride fra palafitte e capanni dei pescatori, che servono per la pesca con la rete, sembrano essere uscite da un altro tempo e mentre si percorre il limitare della riserva naturale, capisci quanto doveva essere difficile la vita in questi luoghi cinquantanni fa, ma anche quanta poesia e dignità possedeva.
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